SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prendete una città turistica e toglietele via via un albergo alla volta. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece per San Benedetto è una assoluta realtà. Come nei ‘dieci piccoli indiani’ la riviera si ritrova e perdere i pezzi, e negli ultimi anni lo sta facendo in maniera sempre più rapida. La causa si chiama edilizia residenziale. Molti hotel, infatti, si sono trasformati in appartamenti sfruttando un vuoto legislativo che, ad esempio, in altre località è stato riempito da atti amministrativi apparentemente drastici che però rappresentano la conseguenza di un definito indirizzo politico.
A San Benedetto invece si fa un po’ alla buona e anche da parecchio tempo. Precisamente dall’inizio degli anni Novanta anno in cui entrò in vigore l’attuale piano regolatore. Da lì a poco i sambenedettesi avrebbero salutato il Jolly, il Roxy, fino ad arrivare ai recenti casi del Garden in viale Buozzi e del Persico e dell’Archimede sul lungomare.
Se si chiedono spiegazioni a chi si rende promotore di quelle trasformazioni la risposta che si riceve è sempre la stessa: gli alberghi sono poco redditizi e conviene convertire. Come se questa non fosse una città che, almeno a parole, vive di turismo. Come se non fosse proprio l’indirizzo politico a dover porre certi presupposti, a piantare certi paletti e a rendere difficili e sconvenienti certe trasformazioni. Trasformazioni impossibili fino all’inizio degli anni Novanta, fino a quando cioè esisteva un’edilizia turistica e un’edilizia residenziale. Poi, paradossalmente, cambiò tutto e la città che vive(va) di turismo è entrata nella propria personalissima fase 2: un (quasi) liberi tutti.
A metterci una pezza ha provato, nel 2010, l’amministrazione Gaspari che modificò l’articolo 29 del piano regolatore, includendo delle restrizioni nei confronti di chi convertiva le strutture ricettive in appartamenti attraverso la minore concessione di volumetrie. In merito alla questione del Garden, l’allora primo cittadino specificò che il volume ricostruito sarebbe stato pari a tre quarti del precedente, in quel caso di sei mila metri cubi invece che ottomila, con oneri maggiorati. Insomma, una sorta di ‘mitigazione’, comunque un piccolo segnale che un indirizzo politico legato alla propria vocazione economica, questa città potesse ancora averlo.
Le pezza tuttavia non ha coperto il buco e i risultati sono visibili a tutti. La scomparsa graduale di strutture ricettive equivale ad una modifica sostanziale del biglietto da visita di San Benedetto che, sposando il proliferare di nuovi appartamenti al posto di storici hotel, sta di fatto alzando bandiera bianca sotto il profilo dello sviluppo turistico. Scenario che al contrario non intacca la vicina Grottammare, dove norme chiare e severe, figlie di un chiaro indirizzo amministrativo, hanno arginato l’emorragia.