Guido Canali, classe ’35, è uno dei più illustri architetti italiani. Fa parte della generazione dei maestri attivi dagli Anni Sessanta e da allora la sua produzione è stata inarrestabile. Lo chiamano “archistar”, ovvero “architetto di fama internazionale”, ma lui con lo star system ha sempre avuto poco a che fare. Chi lo ha conosciuto lo descrive come un genio isolato, lontano sia dalle dinamiche del business sia da quelle della moderna comunicazione; non ha nemmeno un sito internet e gode di sconfinato prestigio ma fra una cerchia molto ristretta di estimatori. A questa lacuna dialettica si sovrappone però l’apprezzamento indiscusso per ogni sua opera e il riconoscimento del suo talento va ben oltre le scarse capacità nel sapersi vendere. Molteplici le onorificenze e i premi ricevuti in tutto il mondo durante la sua carriera.
Nel celebrare la sintesi tra spazio naturale e artificiale, Canali ricerca la perfezione attraverso la scomposizione per piani. Spezzando le superfici l’occhio guarda oltre, attraverso le fratture, e la costruzione di una gabbia sempre aperta che protegge e allo stesso tempo invita ad entrare rappresenta la soluzione che l’archistar trova per dialogare con l’ambiente.
Destrutturazione, verticalità e tanto verde sono le parole chiave della sua produzione specializzata proprio nella rivalutazione di aree degradate, fortemente urbanizzate o addirittura industriali: esempi non troppo lontani e chiarificatori della visione di Canali sono gli stabilimenti Prada a Montegranaro e Maglificio Gran Sasso a Sant’Egidio alla Vibrata. Ricca la sua produzione a Parma e Milano spesa in soluzioni di restauro e progetti architettonici di alto livello.
La sfida verso l’alto, a contrastare la gravità, l’utilizzo di materiali pesanti, come ferro e cemento, ma sottili, appena accennati, al servizio della sfera naturale e la gestione en plein air degli spazi potrebbero quindi essere, a breve, tratti distintivi dell’area Ballarin che il comune ha ufficialmente affidato in fase preliminare a Guido Canali.