SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Settantasette anni fa avveniva il terribile bombardamento su San Benedetto che costò la vita a 25 persone e provocò il ferimento di oltre cento tra uomini e donne. E pensare che si trattò di un radi che fu fatto per errore. Da ottobre 1943 a giugno 1944 la città di San Benedetto del Tronto venne sottoposta a tutta una serie di bombardamenti che, quasi quotidianamente, in ogni angolo del paese andavano arrecando distruzione, morte, invalidità e sofferenze. Al di là dell’elevato numero di case completamente distrutte o di quelle danneggiate – più o meno gravemente – colpisce il numero dei morti se si considera che la maggior parte dei sambenedettesi per tutto il periodo che va da settembre 1943 fino alla liberazione nel giugno 1944 erano sfollati nei centri collinari.
“Il 13 ottobre del 1943 – ricorda il responsabile dell’archivio storico Giuseppe Merlini – aerei caccia bombardieri in pattugliamento armato mitragliarono il litorale e nel voler colpire la ferrovia sganciarono delle bombe che finirono su alcune case e magazzini compresi tra via Luigi Dari e via Cristoforo Colombo. Questo fu solo il primo poi ne arrivarono tanti altri. Dopo la morte Giuseppina Scolastra di Colonnella morta per ferita da scheggia di ordigno bellico, nel primo pomeriggio del 21 ottobre dei caccia bombardieri presero di mira il porto colpendo a morte Tommaso Marchegiani, Nicola Mazza, Nazzareno Pompei, Gennaro Savelli”.
Danni ingentissimi, un centinaio di feriti e 25 morti, a cui va aggiunto un numero imprecisato di morti tra i soldati tedeschi, si ebbero a seguito del bombardamento aereo del 27 novembre 1943 con numerosi immobili distrutti in via dei Colli, via Carducci, via Roma, via Pizzi, Corso Umberto (attuale Corso Mazzini), via Forte e tutta la zona del “Paese Alto”. “Fu senza ombra di dubbio – continua il dottor Merlini – il bombardamento più cruento che la città ebbe a subire e paradosso della storia, è stato scoprire, dalla consultazione delle carte dell’archivio statunitense “Air Force Historical Research Agency” e quello londinese “The National Archives”, che si trattò di un tragico errore di interpretazione e che in realtà gli alleati volevano bombardare la stazione di Civitanova Marche. Un vero e proprio caos per il paese con le vie ostruite dalle macerie, i morti trasportati al cimitero e i feriti al “Madonna del Soccorso”, in via Pizzi, soccorsi con barelle di fortuna (scale a pioli, materassi) e quelli più gravi trasportati con altrettanti mezzi di fortuna, e tra strazianti dolori, all’ospedale di Ascoli Piceno. Tutti i sambenedettesi che non erano ancora sfollati, e soprattutto quelli che si erano rifugiati al Paese Alto e al Ponterotto, presero ad incamminarsi in rigoroso silenzio verso Acquaviva Picena. A San Benedetto del Tronto rimasero solo i padri Sacramentini, divenuti i “custodi della città”, che ad ogni bombardamento uscivano fuori dal loro rifugio, rischiando comunque la morte, per recuperare masserizie e suppellettili dei sambenedettesi. Il giorno dopo, a seguito dello spostamento d’aria provocato dallo scoppio di alcune bombe che avevano divelto le porte di accesso di un deposito alimentare in piazza Roma (attuale Piazza Nardone), trovarono la morte il maresciallo Luciano Nardone e il carabiniere Isaia Ceci che si erano opposti alla razzia di alcuni soldati tedeschi di passaggio”.
Dopo la liberazione (18 giugno 1944) la situazione iniziò a tornare normale con il ritorno dei sambenedettesi dallo sfollamento, ma residui bellici in mare operarono ancora distruzione e morte come nel caso del “S. Vincenzo II”, del “Dina” (motopeschereccio del Compartimento marittimo di Viareggio, saltato in acqua nelle acque del Tino), del “Grecale”, del “Truentum”, della “Carolina” e “Carla”.
A distanza di anni, altro avvenimento luttuoso scosse l’anima dei sambenedettesi con la morte di quattro bambini che il primo aprile del 1949 recuperarono materiale bellico in una grotta sul monte di “Bruciccio”.
A ricordo del bombardamento più cruento che la città ebbe a subire con delibera del Consiglio Comunale del 12 luglio 1965, al “Paese Alto” si intitolava una nuova via con il nome di “27 novembre 1943”.
I NOMI DEI SAMBENEDETTESI MORTI SOTTO LE BOMBE DEL 27 NOVEMBRE 1943
Achille Bruni, Regina Capecci in Lanciotti e la nipote Teresa Curzi, Michele Caldarese, Maria Chioma in Croci, Maria Cinaglia e le figlie Lidia e Lia Papetti, Giuseppina Consorti in Troli, Vincenza Cupido in Neroni, Domenico Di Nunzio, Raffaele Libbi, Nicola Mascitti, Giuseppe Mora, i fratelli Guido e Luigi Morelli, Adele Mosca in Guidotti, Maria Sofia Napoletani con il marito Nicola Paci, Nicola Pignotti, Nicola Ricci, Emidio Silenzi, Giuseppe Testa, Annunziata Nicolina Trevisani e il nipotino Vincenzo Pasquali di ritorno da Abbazia (Istria).